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– Un saluto dal convegno di Milano con Bortolato : siamo in 1200!

Così scrivevo e condividevo la mia presenza con il gruppo di insegnanti su facebook, il mattino del 13 gennaio 2018, al Convegno

Matematica e Italiano

con il Metodo Analogico

Il salone si sta riempiendo

A casa, unisco alcuni scatti in un breve video per ricordare, e donare qualche goccia di pioggia del convegno ai colleghi iscritti nel mio gruppo facebook “Scuola Primaria con Innovazione”:

Pubblico anche il saluto di fine convegno: una registrazione della platea, mentre prendono posto e dilagano nel salone le note che accompagnano i pensieri del maestro Camillo. Si sente la commozione degli insegnanti in comunione con il loro collega Camillo, che ha percorso la stessa strada in una scuola che non sempre sa restituire l’impegno e la fatica del ruolo richiesto:

Il filmato degli anatroccoli sui gradini, che il maestro Camillo proietta, accompagnandolo con i suoi efficaci e ironici commenti, ci mostra la metafora del “Ruolo del’insegnante”:

“Abbandonali e i bambini si sentono splendidi! Devono fare fatica!  L’ultimo potremmo diagnosticarlo, non ce la farà mai!?

La comprensione non si ha a comando. Maestra devi stare davanti a mostrare come si fa!”

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Il secondo filmato con la famiglia di anatroccoli sbattuta dal vento mentre attraversa la piazza, ci mostra come viene trattata la maestra con i suoi alunni dal “Vento delle riforme e delle circolari”, e la resistenza nel rimettersi in piedi e proseguire:

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Scritto e pubblicato da

Alicemate-maestra Maria Valenti

Leggendo il precedente articolo Leggere perchè è bello, l’insegnante Biancamaria Micheli, che ha appena concluso un anno di insegnamento di italiano in classe 1^a Salò, utilizzando il cofanetto del maestro Camillo Bortolato,  è intervenuta nel gruppo di facebook  aperto da me: “Scuola primaria con innovazione”e ci ha raccontato un po’ la sua esperienza.

In accordo con lei ripubblico il materiale che ha condiviso perchè ci resti più facile da consultare e ritrovare. Ecco le sue considerazioni e le foto di alcune pagine dei quaderni dei suoi bambini:

Biancamaria Micheli È proprio vero… (che bisogna Leggere perchè è bello) i miei alunni hanno scoperto il piacere di leggere in prima con Pitti e negli ultimi mesi erano dei super lettori… appena c’era la possibilità prendevano un libro e leggevano… che bello!

Maria Valenti Biancamaria, raccontaci anche altro, per esempio hai utilizzato anche i suggerimenti per la scrittura: dopo quanto hai introdotto il corsivo? usando i binari di classe 1^? E le strisce nel portastrisce sono state funzionali?

Biancamaria Micheli Ciao Maria grazie per la richiesta di spiegare un po’ come mi sono mossa. Ho iniziato un po’ tardi sia perché il kit è uscito non subito all’inizio della scuola e sia perché non sapevo come muovermi… avevo appeso in classe l’abecedario che tutti i giorni “leggevamo” poi il corso a Calvisano mi ha come aperto la mente e mi ha dato la carica giusta così ho costruito la tastiera murale. Su questa tastiera lavoravamo tutti i giorni, una volta conosciute tutte le lettere, per comporre le parole t-o-p-o… toccavano le lettere per leggere poi topo oppure davo mela e loro toccavano tutte le lettere m-e-l-a… piano piano hanno imparato a fare me-la e ad accorciare la strada…

Poi sono riuscita a concordare l’acquisto del kit con i genitori per santa Lucia (13 dicembre) come regalo per i bimbi perciò per due mesi abbiamo lavorato sulla tastiera murale. Nel frattempo loro hanno imparato a leggere parole bisillabe e trisillabe dando loro il materiale delle strisce di lettura piuttosto che abbiamo costruito il libro di Pitti quello dell’abecedario e lì si sono mossi con la lettura da soli…

Quando è arrivato il kit, da lì in poi è stato un volo ad alta quota… hanno fatto tutto da soli per la lettura… per la scrittura abbiamo fatto cornicette e cornicette e proponevo la scrittura dell’alfabeto e poi di brevi e semplici parole che arrivavano senza problemi
Tornati dalle vacanze di natale sono partita con le montagne prima sul quaderno di scrittura poi sul quaderno a righe… punte asole corone e pance… con la proposta prima dei disegni sul quaderno perciò disegnamo le montagne in autunno in inverno… poi punte (onde) colori caldi e freddi… poi sulla striscia il primo approccio al gruppo di lettere con la raccomandazione sempre di stare attenti al punto di partenza e alla direzione. Poi il passaggio sul quaderno dove facevano la paginetta e poi le prime cornicette sul quaderno a righe. Dopo i primi passaggi per unire le lettere e i primi dettati che venivano con una facilità estrema e poi le lettere maiuscole con lo stesso metodo montagne grandi…

Durante le vacanze di Natale si sono letti tutti le stagioni di Pitti (l’indicazione era stata leggi qualche pagina) sono tornati che l’avevano letto tutto e che entusiasmo nel raccontarlo…

Le strisce sono state usate nei vari momenti… dapprima il maiuscolo poi quasi subito il minuscolo che hanno iniziato subito a leggete e poi il corsivo e le unioni difficili della b e v

Gli ultimi mesi abbiamo usato il libro per imparare a rispondere alle domande cercando nel testo le risposte, sottolineando il testo e per raccontare le esperienze personali.

Cliccare sulle immagini per ingrandire e far scorrere la galleria)

Biancamaria Micheli Penso che il materiale parli da solo… io sono contenta di essermi buttata un po’ come i piccoli di cigno del filmato che fa vedere il maestro Camillo. So di aver fatto la scelta giusta. Ora sono in trepida attesa per venire a Rimini e capire come organizzare la seconda.

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Grazie Biancamaria di questa bellissima testimonianza di lavoro in classe che sarà sicuramente di aiuto ad altri colleghi.

Ecco il video della famiglia di Cigni di cui parla Biancamaria, per chi ancora non lo conoscesse, è in internet:

 

Steve Jobs e Bill Gates

Steve Jobs e Bill Gates

Dal libro “Steve  Jobs” di Walter Isaacson

Quello che ho trovato intorno alla scuola, non perchè lo condivida in toto, ma per farne un punto di libera riflessione… si può dire libera riflessione?

Riporto:

Ottobre 2010

“Il presidente Obama incontra Jobs per quarantacinque minuti all’aeroporto Westin di San Francisco.

Steve Jobs attaccò anche il sistema scolastico americano, dicendo che era sciaguratamente antiquato e paralizzato dalle norme sindacali. Finchè i sindacati degli insegnanti non fossero stati messi alle corde, riformare il sistema dell’istruzione sarebbe stato impossibile. Gli insegnanti dovevano essere trattati come professionisti, non come gli operai di una catena di montaggio. I responsabili d’istituto dovevano essere messi in condizione di assumerli e licenziarli sulla base dell’effettiva capacità. E le scuole dovevano restare aperte fino alle sei del pomeriggio e attive undici mesi all’anno. Inoltre, aggiunse, era assurdo che le lezioni in America si facessero ancora con l’insegnante alla lavagna e i libri di testo alla mano: tutti gli strumenti di apprendimento e di verifica dovevano essere digitali e interattivi, tagliati su misura per ciascun studente e capaci di dare un feedback in tempo reale.”

Maggio 2011

“Tramite un loro amico, Bill Gates si incontra con Steve Jobs a casa di Jobs dove passarono più di tre ore insieme.

Jobs pose alcune domande sulla formazione scolastica e Bill Gates spiegò come vedeva le scuole del futuro, con gli studenti che seguono da soli conferenze e lezioni in video, usando il tempo in classe per intavolare dibattiti e cercare soluzioni ai problemi. Convennero sul fatto che fino a quel momento i computer avevano avuto ben poco peso sulle scuole, molto meno che in altri ambiti della società, come il mondo dei media, la medicina e l’ambiente legale. Perchè questo stato di cose cambi, disse Gates, è necessario che i computer e gli apparecchi portatili offrano in primo luogo lezioni personalizzate e feedback capaci di motivare.”

“C’erano molte altre idee e molti altri progetti che Jobs sperava di realizzare. Voleva sconvolgere il settore dei libri di testo e salvare la colonna vertebrale dei poveri studenti carichi di tomi cartacei creando manuali e materiale per i corsi di studio in formato elettronico per l’iPad.”

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Per concludere sull’IDEA che mi ha reso questa lettura una bella avventura!

“Con la sua implacabile foga, per cui lavorare con Jobs poteva essere un’esperienza tanto inquietante quanto emozionante, ha dato vita all’azienda più creativa del mondo, … la realtà imprenditoriale più a suo agio nel punto di incontro fra ARTE e TECNOLOGIA.”

 “Il punto di incontro tra discipline umanistiche e scienza: è un punto di incontro che AMO. In esso c’è qualcosa di MAGICO. “

La mia classe 1^ al lavoro!

La mia classe 1^
al lavoro!

E chi non è d’accordo? E  nel campo della tecnologia a scuola? Per chi ha la Lim, impegnarsi con  programmi e fascinazioni varie… ma le fascinazioni e i programmi  utilizzarli “creativamente”  per cercare feedback con la classe/alunno.

Quando le cose funzionano bene (e qui spero  che la scuola si attivi meglio),  e in più sono belle, cioè ci rendono felici per la loro bontà, non può che esserci crescita per tutti, anche nella scuola ???

Quindi insegnanti artisti e scienziati?  

Ok, … facendo le debite semplificazioni: bravi professionisti della formazione? 

In attesa… ai lati del palco, un principio di muro: il tema del concerto

THE WALL  (IL MURO)

Alle ore 21.00 precise parte con forza lo spettacolo, con la forza potente di un bombardamento e trascina tutti noi in una inconsapevole, sgomenta e tragica avventura, come succede ai popoli allo scoppio di una GUERRA.

Il muro, simbolo di chiusura, di censura, di ignoranza, di paura,

pian piano si completa con l’aggiunta di mattoni giganti, bianchi e ingombranti.

Quanti sono questi mattoni che serviranno per una costruzione tanto alta da formare una prigione,

anche la SCUOLA  può contribuire a questa triste opera:

“Another Brick in The Wall”

VIDEO dal film di Alan Parker

Another Brick In The Wall  (Part I)
Daddy’s flown across the ocean
Leaving just a memory
A snapshot in the family album
Daddy what else did you leave for me
Daddy what d’ya leave behind for me
All in all it was just a brick in the wall
All in all it was just bricks in the wall

The Happiest Days of Our Lives

When we grew up and went to school
There were certain teachers who would
Hurt the children anyway they could
By pouring their derision
Upon anything we did
And exposing every weakness
However carefully hidden by the kids
But in the town it was well known
When they got home at night, their fat
And psychopathic wives would thrash them
Within inches of their lives

 Another Brick In The Wall  (Part 2)

We don’t need no education
We don’t need no thought control
No dark sarcasm in the classroom
Teacher, leave the kids alone
Hey, Teacher, leave the kids alone!
All in all, it’s just another brick in the wall
All in all, you’re just another brick in the wall.
We don’t need no education
We don’t need no thought control
No dark sarcasm in the classroom
Teachers, leave the kids alone
Hey, Teacher, leave the kids alone!
All in all, you’re just another brick in the wall
All in all, you’re just another brick in the wall

FOTO del concerto “Another Brick in The Wall” del 04.07.2011

Traduzione:
Un Altro Mattone Nel Muro   (Prima Parte)

Papà è volato attraverso l’oceano
Lasciando solo un ricordo
Un istantanea nell’album di famiglia
Papà, che altro mi hai lasciato?
Papà, che altro hai lasciato per me?
Dopo tutto era solo un mattone nel muro
Dopo tutto erano solo mattoni nel muro

I Giorni più Felici delle nostre Vite

Quando crescemmo e andammo a scuola
C’erano certi insegnanti che avrebbero
Fatto del male ai bambini in ogni modo
Riversando il loro scherno
Su qualunque cosa noi facessimo
E smascherando i nostri punti deboli
Per quanto accuratamente nascosta dai ragazzi
Ma in città era ben noto
Che una volta tornati a casa la sera, le loro grasse
E psicopatiche mogli li avrebbero picchiati
Fino a ridurre la loro vita a pezzettini

Un Altro Mattone Nel Muro   (Seconda Parte)
Non abbiamo bisogno di educazione
Non abbiamo bisogno di essere sorvegliati
né di oscuro sarcasmo in aula
Professore, lascia in pace i ragazzi
Hey, professore, lascia in pace i ragazzi!
Tutto sommato, è solo un altro mattone nel muro
Tutto sommato, siete solo un altro mattone nel muro.
Non abbiamo bisogno di educazione
non abbiamo bisogno di essere sorvegliati
né di oscuro sarcasmo in classe
Professori, lasciate in pace i ragazzi!
Ehi, professore, lascia in pace i ragazzi!
Tutto sommato, siete solo un altro mattone nel muro
Tutto sommato, siete solo un altro mattone nel muro

Avete ascoltato e letto il messaggio?    Allora…

non abbiamo bisogno di EDUCAZIONE?

L’EDUCAZIONE  è davvero una barriera alla LIBERTÁ?

Mah, non pensiamo si  intenda questo, ma che ci si voglia riferire ad una ‘EDUCAZIONE  SBAGLIATA”,  nel senso di educazione come COSTRIZIONE  :

– intollerante ad ogni possibile compromesso

– intollerante all’ascolto

– intollerante alla comprensione

– intollerante all’attesa

– intollerante alla pazienza

– intollerante alla gioia dell’errore come scoperta

– intollerante all’errore come conquista di autonomia

– intollerante…  alla tolleranza.

COSÍ NO !!!!     maestri, professori, giù le mani dai ragazzi!

Insegnante,  tu dovresti  portare i ragazzi alla  scoperta del mondo, alla conciliazione col mondo, all’integrazione dell’individuo con l’umanità

e ci dovrebbe essere un modo, maestro,  perchè tutte queste anime diverse dei tuoi alunni non debbano essere in conflitto fra loro, combattersi per imporsi

ci dovrebbe essere un modo per insegnare loro a costruire unendo le loro forze

Il mondo è di tutti?

La  conoscenza che ci fa sempre più liberi e coscienti ci può guidare?

Allora possiamo iniziare:

TEACHER, giù le mani dai ragazzi, ogni  violenza è muro!

Dobbiamo abbattere il muro anche nella scuola!

Guardate…

il muro  sul palco è crollato, lo spettacolo è finito…

è  stato bello, duro, forte,  liberatorio,

carico di energia e di poesia

come deve essere ogni vita  vissuta.

(due maestri)

Aggiornamento di Maria (20.04.18)

Sempre al Forum di Assago di Milano, nel 2018, una nuova esibizione di Roger Waters in una tappa dell’ Us+Them tour.  Nella seconda serata, mercoledì 18 aprile 2018, ci sono anch’io!

Durante la presentazione di  “The Wall”, Roger è al centro di una fila di ragazzi (di una scuola milanese), in tuta arancione da detenuti, con la scritta “Maggie’s Farm” sulla schiena, che mima il canto, per poi liberarsi di cappuccio e divisa e mostrare una t-shirt con la scritta “Resist”

Quindi resistiamo tutti in questa scuola, sempre alla ricerca di una migliore formazione, che porti alla libertà critica e responsabile per l’intera umanità.

IL GIOCO INDIVIDUALE PERDUTO

Pochi giorni fa, una giovane psicologa che ha concluso un periodo di tirocinio presso una struttura ospedaliera di Milano e ha avuto occasione di  incontrare  bambini in età di  scuola primaria , mi raccontava con tristezza che i bambini non hanno più esperienza di gioco libero individuale perchè il loro tempo giornaliero è interamente occupato e organizzato.

Questa attività di gioco che un bambino “si inventa”  è importante per ricreare esperienze, emozioni e grazie a questa contrastare e superare difficoltà incontrate oppure vivere con la fantasia sogni e desideri che la vità di ogni giorno non può soddisfare.

Queste sono esperienze importanti  nella crescita di ognuno e penso che la maggior parte di noi abbia potuto sperimentarle durante l’ infanzia.

Concludendo:

– La nostra società moderna non lascia più il tempo per il gioco  individuale ?

– Forse capita solo nelle grandi città?

– Forse solo a certi bambini che poi hanno più bisogno di un aiuto dello psicologo?

Questa non vuole essere una provocazione ma una riflessione a prestare attenzione  ai bisogni dei bambini … per trovare spazi e tempi adeguati  ai loro giochi  liberi individuali o di gruppo.

Proprio ieri   ho visto un  angolo-gioco estivo allestito in un piccolo cortile privato: piscinetta con acqua al sole abbinata a  casetta-gioco,  il tutto gestito con gioia da due cuginetti di 8 e 9 anni: è stato una gioia vederli organizzare la loro “casa delle vacanze”.

Di spazi per il gioco  se ne possono inventare tanti .. raccontatecene alcuni che conoscete e sapete che funzionano … in casa, all’aperto, a scuola, in montagna…

Le idee si possono copiare e i giochi moltiplicare!!!

Questo che segue è un breve capitolo di un libro  del pedagogista Riccardo Massa: “CAMBIARE LA SCUOLA: educare o istruire?”.

Un concetto particolare quello della “cura” che ha un’importanza estremamente significativa in rapporto alla “modernità” delle relazioni scolastiche.

Buona lettura!

“Si dice che educazione derivi da educere e che questo termine significherebbe aiutare qualcuno a «tirare fuori» qualcosa già pre­sente dentro di lui. Ma educazione deriva da educare, che vuoI di­re nutrire, allevare. Educere significa letteralmente, prima di esse­re declinato nell’ ambito di una metafora di tipo maieutico, «por­tare via» e portare oltre. Fare oltrepassare qualcosa, Non si tratta di civetterie etimologiche ma di una densità concettuale che deve essere restituita al nostro pensiero. In italiano la parola educazio­ne comprende entrambi questi significati, È in gioco una duplice matrice di senso. li concetto di educazione deve essere pensato ri­spetto a due ordini strutturali. Si tratterà di capire come si incro­cino e si incastrino tra loro. Tali strutture d’ordine corrispondono, più che alle dimensioni dell’educare e dell’istruire, a quelle del­l’allevare e del condurre. Gli psicoanalisti potrebbero dire che educare rientra nel codice materno mentre educere è sotto quello paterno. In ogni modo, è come suggerire che, per condurre via, bi­sogna prima accudire e nutrire; così come che, dopo essere stati accuditi e nutriti, occorra il venire portati via dal luogo della nu­trizione e della cura.

Se si risale all’ antichità, Platone nella Repubblica usa due ter­mini continuamente affiancati, trofè e paideia, che solitamente si traducono con «allevamento» e «educazione». Qui per educazio­ne si intende la «formazione» umana, mentre il concetto di alleva­mento corrisponde alle pratiche dell’ educare. Spesso quel secondo termine è tradotto con la parola «cultura», nel senso di ciò che può rendere l’uomo capace di assumere la forma che gli deve essere propria. Ma si potrebbe anche usare «istruzione», intesa come l’in- sieme degli insegnamenti che rendono possibile l’accesso alla ve­rità delle cose. Inoltre, al posto di «allevamento», si potrebbe tra­durre «cura», nel senso degli accudimenti fisici e morali verso chi cresce. Si giunge pertanto all’insieme di cura e cultura. Il concet­to di cura è importante per l’esperienza educativa. La cura sembra altra cosa, ed è infatti posta come istanza distinta, rispetto alla cul­tura. Anche se per coltivare un campo si deve avere cura di esso e per trasmettere cultura si deve coltivare – nel senso di averne cu­ra -l’animo dei bambini. In tutti i modi, l’educazione, nel suo si­gnificato originario, è strettamente legata all’ esperienza della cura. Non si può istruire qualcuno senza averne cura. Non si può adde­strare un animale senza nutrirlo e addomesticarlo. Se la potenza dell’ educazione è quella di far danzare gli orsi, come diceva Leib­niz, anche a questo scopo occorre prima renderli docili. Un’ar­cheologia del sapere pedagogico dovrebbe fare ancora i conti con la struttura del discorso platonico. Ma è lo stesso Platone a dire che per trasformare un bambino in guardiano utile alla città, pri­ma di istruirlo, occorre condurlo in uno spazio diverso da quello dell’ allevamento e della cura.

Tra l’educare e l’instruere si pone l’educere, come valenza fon­damentale presente nella duplice matrice di senso dell’idea di edu­cazione e come condizione strutturale delle pratiche di formazio­ne attraverso insegnamenti determinati. I significati originari sono dunque tre e sono quelli del prendersi cura, del portare via e del­l’insegnare. Non che tra questi significati vi sia pacificazione e con­tinuità, tutt’altro. Portare via significa anche rapire, strappare, se­parare, sedurre. Educere assomiglia molto a seducere, anche nel senso di sviare e portare fuori strada. Ma soprattutto, prima che condurre in un luogo appartato, può significare condurre all’ a­perto. Il gesto educativo è il gesto di chi porta nella radura, la radura dell’essere di cui parla Heidegger. Jean-Jacques porta via Émile sin dal momento della nascita. Qui l’altrove dell’ educazio­ne è il luogo stesso della nutrizione e della cura, in antitesi a quel­lo negativo della famiglia di origine. L’educere si contrappone all’educare sussumendolo in sé. E Socrate, in quanto educatore, è molto più corruttore che maieuta. 0, per lo meno, è in quanto og­getto di amore da parte dei giovani, anziché sedotto da essi, che può fungere da ostetrico e formato re.

Francesco De Bartolomeis
Rinnovare il sistema formativo

Il testo è l’elaborazione ulteriore di un saggio già compreso negli atti del 2° Convegno Cesp sul Tempo Pieno.

Il tempo pieno per ricerche e per sviluppi di rapporti interpersonali

La centralità della ricerca a scuola, nei laboratori, in strutture fuori della scuola portano necessariamente al tempo pieno. Non un tempo pieno che si configuri come prolungamento al pomeriggio dello strazio del mattino, cioè spiegazioni frontali, immobilità al posto di ascolto, assenza di rapporti e di comunicazione tra gli allievi, nessuna traccia di lavoro su problemi con i mezzi della ricerca.
È difendibile soltanto un tempo pieno come modello di rinnovamento che collochi il sistema formativo nella città che educa. Un modello da generalizzare che ha necessità di espandersi all’esterno per incontrare con modalità collaborative, con piani e strumenti di ricerca istituzioni, beni culturali e ambientali, servizi.
Sul tempo pieno si doveva fare un deciso passo avanti e invece al suo posto un surrogato che si fonda su una opzionalità illegittima. Le condizioni che rendono possibili un nuovo modello formativo portano a una inevitabile conclusione: il tempo pieno deve essere obbligatorio. All’estensione temporale si lega l’estensione spaziale delle attività: non solo aule e laboratori, ma luoghi esterni di varia natura per sviluppare ricerche sul campo.
Lo stare a scuola e svolgere attività di apprendimento sono cose diverse, e nella maggioranza dei casi la seconda manca. L’apprendere sicuramente richiede tra l’altro un tempo più lungo di quello dedicato alla sciagurata diade spiegazione-interrogazione che rimanda a casa l’apprendimento inevitabilmente di tipo tradizionale. Un tempo più lungo per fare ricerche, discutere, lavorare in gruppo, adoperare strumenti tecnologici, dedicarsi ad attività produttive, uscire dalla scuola per raggiungere realtà esterne da conoscere, documentare ecc. Per stabilire la durata del tempo scolastico occorrono idee chiare sulle cose da fare e su come farle. Risulta che il tempo pieno è necessario per l’apprendere e il produrre.
Il tempo pieno non è un limitato problema di organizzazione didattica; è una scelta sociale con strumenti capaci di agire, tra l’altro, sugli svantaggi e dare un senso nuovo al proseguimento degli studi e all’approdo professionale. Non meno centrale, per il decondizionamento precoce, è la cura del periodo 0-6 anni.
Il tempo pieno che usi mezzi e competenze per dare alla funzione formativa funzione sociale fa mutare la condizione culturale di persone svantaggiate, influisce su come vivono il presente e sulle loro prospettive per il futuro. Non basta una nuova didattica. È decisiva una nuova collocazione del sistema formativo nella organizzazione sociale e politica.
Alcune ragioni a sostegno di un tempo pieno come modello di una istituzione formativa nuova:

  • Il tempo pieno prima di essere una particolare invenzione didattica, frutto della pedagogia progressista, è nella vita di un allievo ordinario. Voglio dire: se a scuola non c’è il tempo pieno, sommando quello che l’allievo fa a scuola e quello che è costretto a fare a casa (i compiti) ne risulta un impegno orario che supera il tempo pieno. Quello che non si fa a scuola con la necessaria assistenza dell’insegnante (le varie attività di apprendimento) si fa a casa, di solito senza un aiuto, con interferenza grave a danno di altri interessi e di altre attività. Il tempo a casa viene invaso con contraddizioni e disagi. Proprio il tempo pieno può liberare tempo a favore di interessi e di attività che non riguardano la scuola e sono essenziali anche ai fini dello sviluppo culturale. In assenza di tempo pieno, acquistano un ruolo pesante i compiti a casa. Ma quanti studenti trovano a casa genitori disponibili e capaci di aiutarli e di controllarli?
  • Ristrutturazione del curricolo e conseguente distribuzione delle attività secondo tempi e successioni non artificiosi. Se si pratica la ricerca, se si entra in rapporto con realtà esterne, tempi e successione delle attività non possono essere scandite in base a una fissa unità oraria.
  • Necessità di combattere la tecnica del differire che nega alla scuola la funzione di luogo dove si apprendono conoscenze e abilità, ossia bisogna saldare insegnamento, apprendimento e valutazione. Quattro i collegamenti necessari del tempo pieno: ricerca, laboratori, espansione su realtà esterne, nuove tecnologie. Sono condizioni dell’apprendimento.
  • La specializzazione degli insegnanti già a livello di scuola dell’infanzia e di scuola primaria rafforza la diversificazione. La specializzazione di competenze e di attività professionali in ambito formativo favorisce anche la mobilità professionale, la possibilità di assumere compiti diversi dall’insegnamento all’interno del sistema formativo.
  • La tipologia e la qualità delle attività di tempo libero hanno una forte influenza nel caratterizzare i modi di vita. L’assenza del tempo pieno o il suo basso livello qualitativo è motivo di inquinamento del tempo libero, perché fa interferire con effetti di disturbo attività legate alla scuola con altre attività non meno necessarie. Quindi diversificazione educativa fuori della scuola e indipendente dalla scuola.
  • Non è un sovrappiù il rapporto con la bellezza. Quella che si incontra non solo nei musei ma anche nella vita ordinaria, nell’ambiente. Bellezza naturale, semplice, economica. La bellezza e la poesia nel senso più generale.
  • Particolare attenzione per quella che si chiamava cultura materiale, ma che ora si presenta, con fondata ambizione, come sociologia delle civiltà complesse. Le civiltà sono sempre complesse, e perciò per quanto l’attenzione sia localistica è inevitabile fare uscire la ricerca dai limiti del sistema considerato perché è collegato a sistemi progressivamente più ampi.
    Se si attivano ricerche, anche nei piccoli centri si incontrano importanti fatti storici che tolgono il piccolo dall’isolamento e lo collegano alla storia senza aggettivi. Una pieve, un castello, le abitazioni, le strade di comunicazione, le attività produttive offrono l’occasione di ampliare e di approfondire l’indagine. Ciò che definiamo “locale” ha sempre rapporti con eventi storici e attuali di aree molto vaste, ed è compenetrato dalle nuove tecnologie di informazione.
  • Non solo conoscenza ma attività di produzione. Con la produzione, nei laboratori scolastici e territoriali, la conoscenza si approfondisce, può scendere nei particolari, comprendere relazioni di parti e struttura dell’insieme. È necessaria l’interdisciplinarità. Le attività conoscitive e produttive riguardanti l’utilizzazione delle opportunità della “città educativa” devono essere previste dalla programmazione e dall’organizzazione come dettagliata offerta educativa.
    Le metodologie di ricerca hanno diversa fisionomia a seconda del settore a cui si applicano. Prima di essere metodo, la ricerca è modalità dell’apprendere e del produrre. La ricerca in relazione alle particolarità dei settori richiede la collaborazione programmata di esperti diversi dagli insegnanti di sezioni e di classi.
  • Il lavoro come attività produttiva e come studio del ruolo che ha nei mutamenti sociali. Quindi lavoro come tecnologia e cultura sociale e storica.
  • I propositi di innovazione, se organizzati in progetti, non hanno niente a che fare con la programmazione rituale. Da prevedere che gli insegnanti agiscano come gruppo e collaborino sia con professionisti della formazione con compiti non di insegnamento sia con esperti esterni. Mediante l’utilizzazione normale, ossia continuativa e sistematica di esperti esterni la scuola ha la possibilità di affacciarsi sulla innovazione culturale e di esserne stimolata.
  • Modalità di aggiornamento in rapporto a progetti di innovazione. Si è motivati nell’aggiornamento se serve ad acquisire conoscenze e abilità che anzitutto danno la sicurezza di essere migliori come persone e se ci sono le condizioni per servirsi di ciò che si è appreso per apportare mutamenti innovativi nel proprio lavoro che così si arricchisce di motivi gratificanti.
  • Il tempo pieno offre concrete opportunità per sviluppare programmi di recupero necessari per trattare ritardi culturali, difficoltà a collaborare, a inserirsi nel ritmo medio della classe. Niente che rassomigli al dopo scuola o a lezioni private. La dimensione dovrebbe essere quella del piccolo gruppo. Quando fu proposto il recupero ci fu una sollevazione generale. Le solite ottuse obiezioni: serie A e serie B, discriminazione e simili. In verità si volle sfuggire al compito di inventare il recupero. Non esiste un kit bello e pronto: bisogna prepararsi, mette a punto idee, sperimentare, perfezionare.
  • Uso di nuove tecnologie. Dalle macchine fotografiche e dalle videocamere digitali al computer e a una grande varietà di programmi informatici (Power Point, Pinnacle, Publisher, Photoshop ecc.). Le tecnologie devono contribuire a unificare insegnamento, apprendimento, valutazione
  • Documentazione multimediale in entrata e in uscita (libri, internet, video, cd) per progettare, svolgere attività, verificare.
  • Piani di educazione permanente hanno bisogno di basarsi sulla buona qualità del sistema formativo. Non provo neppure a elencare i principali problemi che impegnano il tempo di vita nella formazione fino a 22-24 anni. Dai problemi delle città sostenibili delle bambine e dei bambini si prosegue fino a incontrare l’orientamento scolastico e professionale, la cultura del lavoro, il disagio giovanile, la droga, alcol, fumo, dissipazione di potenzialità e conformismo (in non pochi casi dissipazione della vita), difficoltà di rapporto degli adulti con i giovani. La formazione permanente va al di là di compiti specificamente professionali.