LA MATEMATICA E L’ORDINE (con Bolondi e D’ Amore)
Dall’intuizione al rigore matematico, ma conquistato personalmente.
Vogliamo seguire i nostri due matematici e scoprire il perché?
” La matematica come disciplina e il matematico come personaggio sono spesso indicati come prototipi del rigore, tanto che perfino i documenti dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità cadono nel tranello e assegnano alla matematica il compito fondamentale di educare al rigore, all’ordine, alla precisione.
Il fatto è che da migliaia di anni si è accettato lo stile euclideo-aristotelico di NASCONDERE GLI ATTI CREATIVI E DISORDINATI DI INTUIZIONE a favore della pulizia immacolata della dichiarazione finale, con il risultato di creare una grande confusione al riguardo. Come ogni scienziato, come ogni essere umano, come ogni investigatore, il matematico che crea, prima intuisce e poi, lentamente, ri-costruisce ed esplicita il risultato raggiunto con ordine e rigore. Ecco dunque la dimostrazione impeccabile, rigorosa, laconica,brachilogica…
Ma non è così che le IDEE NASCONO, si creano, si intuiscono.
Dare questa idea della matematica è, a nostro avviso, DELETERIO PER LA SCUOLA.
Per far davvero capire la matematica, come si è creata ogni sua pratica, bisogna far creare agli allievi stessi, far ripercorrere i passi compiuti dai matematici, in modo intuitivo, anche poco ortodosso, e raffigurare e disambinguare il risultato con una chiara e precisa comunicazione, utilizzando termini e pensieri univocamente interpretabili.
Lo studente deve capire che il formalismo matematico è una necessità
e
che la creazione matematica sta alla base, è il percorso fatto di intuizione, prove ed errori necessari al raggiungimento del rigore e della bellezza di ogni creazione finale, come quella di qualsiasi scienziato, poeta, artista in genere…
… questo significa che chi opera deve osare, deve mettere in gioco le proprie conoscenze previe in una situazione nuova, deve cioè inventare, tentare, creare, sbagliare, se necessario… Questa attività non è tipica dello scienziato, ma di chiunque.
In certe stereotipate attività di insegnamento invece, sembra che l’unico dovere di chi apprende sia di
RIPETERE CIO’ CHE E’ STATO DETTO.
– Non cercate di soddisfare la vostra vanità insegnando loro troppe cose. Risvegliate la loro curiosità. E’ sufficiente aprire la mente, non sovraccaricarla – (Anatole France)
Non basta capire le cose, perchè ci sia apprendimento, bisogna ricordarle, utilizzarle, che diventino parte di noi, del nostro bagaglio.
Ma per arrivare a questo c’è bisogno di sana lentezza, quella leggerezza e quella pazienza che sono tipiche delle persone fortemente professionali.
Nulla in matematica può sostituire il lavoro personale dello studente.
La matematica è per tutti, ma richiede impegno, lavoro, sforzo in prima persona.”
Qualche giorno fa ho fatto un’esperienza di lavoro con i ragazzi di classe 5^ primaria, un lavoro semplice, ma lasciandoli provare, anche un po’ sbagliare e alla fine … trovata la soluzione e la … soddisfazione, ho chiesto loro se tanta fatica era valsa la pena…
Probabilmente questa prova non è stata felice per tutti e subito compresa, ma guardandoli ho visto in loro una soddisfatta stanchezza per una personale scoperta e ho capito che ne vale veramente la pena di “perdere” un po’ più di tempo perché loro lavorino per capire e non per soddisfare i loro insegnanti!
(il lavoro è stato un esercizio/gioco on line di equivalenze con abaco. La valutazione del programma ci aveva dato un basso punteggio, si è dovuto cercare il perchè e in questo modo molti hanno fatto scoperte che non avrebbero potuto fare se il problema lo avessi risolto io o peggio ancora lo avessi evitato. Vi linko QUI il collegamento al gioco anche se non potete vedere il nostro percorso).